La preservazione del Corano (parte 2 di 2): il Corano scritto

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Descrizione: La scrittura del Corano durante l'epoca di Muhammad, e la sua conservazione fino ad'oggi.

  • Da iiie.net (edito da IslamReligion.com)
  • Pubblicato su 02 Jun 2014
  • Ultima modifica su 02 Jun 2014
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L'intero Corano fu registrato per iscritto fin dal tempo della rivelazione, sotto la dettatura del Profeta, da alcuni suoi Compagni, tra cui Zayd ibn Thabit[1], Ubayy ibn Ka'b, Ibn Mas'ud, Mu'awiyah ibn Abi Sufyan, Khalid ibn Walid e Zubayr ibn Awwam.[2]  I versetti venivano scritti su foglie di palma, resti di ossa animali, ed altri materiali naturali.[3]

La definitiva codificazione del Corano fu effettuata poco dopo la battaglia di Yamama (633), dopo la morte del Profeta, durante il Califfato di Abu Bakr. Molti Compagni caddero martiri in quella battaglia, e si temette che se non fosse stata realizzata almeno una copia scritta del Corano, gran parte della Rivelazione avrebbe potuto andare perduta con la morte di coloro che l'avevano memorizzata. Così, sul suggerimento di 'Omar di riunire il Corano per iscritto, Abu Bakr richiese a Zayd ibn Thabit di presiedere una commissione che avrebbe riunito gli appunti scritti in precedenza in un'unica copia, che avrebbe raccolto in se stessa ed ordinatamente l'intera rivelazione.[4] Per evitare qualsiasi errore di trascrizione, la commissione accettò soltanto appunti che fossero stati scritti alla presenza del Profeta, e che potessero essere verificati da almeno due testimoni degni di fiducia, che avessero sentito direttamente il Profeta recitare il passaggio in questione.[5]  Una volta completati ed approvati unanimemente dai Compagni del Profeta, questi fogli furono consegnati ad Abu Bakr (634), alla cui morte passarono ad 'Omar (644) e successivamente alla figlia di 'Omar e vedova del Profeta, Hafsah [6].

Il terzo Califfo 'Uthman (656) chiese ad Hafsah di inviargli il manoscritto che era in sua custodia, ed ordino la realizzazione di diverse sue copie. Questo compito fu affidato ai compagni Zayd Ibn Thabit, Abdullah Ibn Az-Zubair, Sa'id ibn As-'As, e Abdur-Rahman ibn Harith Ibn Hisham. [7] Una volta completata la loro compilazione (646), rinviò il manoscritto originale ad Hafsah, e provvedette a spedirne le copie nelle principali province dell'Impero islamico.

Anche un gran numero di studiosi non Musulmani, che hanno studiato la questione della compilazione scritta del Corano e della sua preservazione, ne hanno attestato l'autenticità.

John Burton, al termine del suo sostanzioso lavoro sulla compilazione del Corano, afferma che il Corano come lo abbiamo oggi è

 "…il testo che è sceso su di noi nella forma in cui fu sistemato ed approvato da Muhammad.Ciò che oggi abbiamo in mano è la versione autentica di Muhammad". [8]

Kenneth Cragg descrive la trasmissione del Corano dai tempi del Profeta  fino ai giorni nostri come "un'ininterrota sequenza vivente di devozione. [9]

Schwally aggiunge che: "Per quanto riguarda le diverse parti della Rivelazione, possiamo confidare nel fatto che i loro brani sono stati generalmente trasmessi in modo esatto, così come sono stati lasciati dal Profeta". [10]

La credibilità storica del Corano è stabilita inoltre dal fatto che una delle copie inviate dal Califfo 'Uthman è ancora esistente a tutt'oggi, e si trova in Uzbekistan, ed anche secondo l'attestazione dell'Unesco, rappresenta ‘la copia definitiva realizzata da 'Uthman.’

Una copia del manoscritto conservato in Uzbekistan, Asia centrale [11]. Secondo la memoria del Programma Mondiale, l'UNESCO, un insieme delle Nazioni Unite, 'è la versione definitiva, conosciuta come il Mushaf di Uthman.'[12]

1g

Questo manoscritto, custodito dal Consiglio islamico dell'Uzbekistan, è la versione più antica esistente scritta del Corano. È la versione definitiva, nota come il Mushaf di Othman. Immagine per gentile concessione della Memoria del Mondo Register, l'UNESCO.

Un facsimile è disponibile presso la Columbia University, negli Stati Uniti. [13] Questa copia è la prova che oggi è in circolazione è la stessa di quella realizzata ai tempi del Profeta  e dei suoi Compagni. Una copia del manoscritto che fu inviato in Siria è oggi conservata al museo Topkapi ad Istanbul[14] , ed altri manoscritti antichi sono custoditi in Egitto, a Washington, a Dublino ed a Londra, e tutte sono state verificate conformi al manoscritto originale. [15]

L'Istituto Koranforschung dell'Università di Colonia ha raccolto oltre 42mila copie antiche del Corano, complete od incomplete. Dopo oltre 50 anni di studio, l'Istituto verificò che non esistevano varianti tra le diverse copie, se non relative ad alcuni errori di trascrizione commesse dai copisti e facilmente rilevabili come tali. Sfortunatamente, l'Istituto fu bombardato e distrutto durante la Seconda Guerra Mondiale. [16]

In tal modo, grazie agli sforzi dei suoi Compagni e con l'aiuto di Dio, il Corano rivelato a Muhammad è stato conservato integralmente fino ad oggi, e quello che noi recitiamo oggi è esattamente quello che fu rivelato secoli fa. Ciò lo rende l'unica scrittura religiosa che è ancora completamente conservata e compresa nella sua lingua originale. Come ha detto Sir William Muir: "Non c'è probabilmente un solo altro libro che sia rimasto per 12 secoli - ora 14 - col suo testo autentico". [17]

Ciò è la prova della promessa di Dio nel Corano:

"Invero abbiamo rivelato il Ricordo, ed invero Lo preserveremo" (Corano 15:9)

Il Corano è stato preservato sia oralmente sia per iscritto, in un modo che non lo accomuna a nessun altro libro, e l'una versione rappresenta una prova ed una garanzia per l'autenticità dell'altra.



Nota:

[1] Jalal al-Din Suyuti, Al-Itqan fee ‘Uloom al-Quran, Beirut: Maktab al-Thiqaafiyya, 1973, Vol.1, p.41 & 99.

[2] Ibn Hajar al-’Asqalani, Al-Isabah fee Taymeez as-Sahabah, Beirut: Dar al-Fikr, 1978; Bayard Dodge, The Fihrist of al-Nadeem: A Tenth Century Survey of Muslim Culture, NY: Columbia University Press, 1970, p.53-63. Muhammad M. Azami, in Kuttab al-Nabi, Beirut: Al-Maktab al-Islami, 1974, in fact mentions 48 persons who used to write for the Prophet (p).

[3] Al-Harith al-Muhasabi, Kitab Fahm al-Sunan, cited in Suyuti, Al-Itqan fi ‘Uloom al-Quran, Vol.1, p.58.

[4] Saheeh Al-Bukhari Vol.6, Hadith Nos.201 & 509; Vol.9, Hadith No.301.

[5] Ibn Hajar al-’Asqalani, Fath al-Bari, Vol.9, p.10-11.

[6] Sahih Al-Bukhari, Vol.6, Hadith No.201.

[7] John Burton, The Collection of the Quran, Cambridge: Cambridge University Press, 1977, p.239-40.

[8] Schwally, La storia del Corano, Leipzig: Dieterich’sche Verlagsbuchhandlung,1909-38, Vol.2, p.120.

[9] Bilal Philips, Usool at-Tafseer, Sharjah: Dar al-Fatah, 1997, p.157

[10] Schwally, La storia del Corano, Leipzig: Dieterich’sche Verlagsbuchhandlung,1909-38, Vol.2, p.120.

[11] Yusuf Ibrahim al-Nur, Ma’ al-Masaahif, Dubai: Dar al-Manar, 1st ed., 1993, p.117; Isma’il Makhdum, Tarikh al-Mushaf al-Uthmani fi Tashqand, Tashkent: Al-Idara al-Diniya, 1971, p.22ff.

[12] (http://www.unesco.org.)

I. Mendelsohn, "The Columbia University Copy Of The Samarqand Kufic Quran", The Moslem World, 1940, p. 357-358.

A. Jeffery & I. Mendelsohn, "The Orthography Of The Samarqand Quran Codex", Journal Of The American Oriental Society, 1942, Volume 62, pp. 175-195.

[13]The Muslim World, 1940, Vol.30, p.357-358

[14] Yusuf Ibrahim al-Nur, Ma’ al-Masaahif, Dubai: Dar al-Manar, 1st ed., 1993, p.113

[15] Bilal Philips, Usool at-Tafseer, Sharjah: Dar al-Fatah, 1997, p.157

[16] Mohammed Hamidullah, Muhammad Rasullullah, Lahore: Idara-e-Islamiat, n.d., p.179.

[17] Sir William Muir, Life of Mohamet, London, 1894, Vol.1, Introduction.

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